La “Riforma Fornero” delle pensioni: più vicini all’Europa ma al di sotto degli obiettivi
Dibattito al Cnel sull’impatto della riforma previdenziale sulla vita ed il lavoro.
Come conciliare l’allungamento dell’ età lavorativa con i prepensionamenti in tempo di crisi.
La “Riforma Fornero” delle pensioni, con l’allungamento dell’età pensionabile, avvicina il tasso di attività degli italiani tra i 20 ed i 64 anni alle medie europee, alzandolo dal 66% del 2011 al 69% del 2012. Tuttavia la situazione italiana resta ancora distante dalle medie attuali europee e soprattutto dagli obiettivi di Europa 2020 (il 75%).
L’analisi è stata realizzata dal prof. Carlo Dell’Aringa, che ha presentato una Ricerca sulla “ Simulazione degli effetti della riforma previdenziale” al convegno “Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita”, svoltosi al Parlamentino del Cnel, il 9 maggio 2012.
I lavori, coordinati dal Presidente della Commissione della competente commissione del Cnel, Edoardo Patriarca, si sono articolati secondo un piano che ha previsto, oltre alla presenza del Presidente del CNEL, on. Antonio Marzano, gli interventi di relatori partecipanti al dibattito che, dopo aver fornito un quadro generale degli aspetti più squisitamente quantitativi del problema, hanno messo a confronto le principali esperienze europee in materia di active ageing (invecchiamento attivo), esaminando da un punto di vista di carattere sociologico il cambiamento di vita e di prospettiva di coloro che saranno costretti a lavorare 4-5 anni più del previsto.
La ricerca del prof. Dell’Aringa, benché la simulazione complessiva della riforma Fornero evidenzi ancora la distanza italiana dalla media europea, ha comunque dimostrato gli effetti di potente avvicinamento effettuato sia per l’universo femminile che per il numero di attivi totale. Dai dati presentati nella ricerca risulta, infatti, che il tasso di attività delle donne, che nel 2011 è stato pari al 19,8% della popolazione di donne attive e che nel 2020 sarebbe aumentato tendenzialmente al 26,1%, con la riforma Fornero salirà al 35,9%. Analogo trend riguarda l’offerta di lavoro totale dei lavoratori anziani che, secondo le simulazioni, pari al 28,6% nel 2011, nel 2020 sarebbe aumentato tendenzialmente al 35%, ma con la riforma Fornero arriverà al 46,1%.
Il dato di fondo, dunque, è l’aumento del numero di lavoratori anziani che proseguiranno l’attività lavorativa per dare sostenibilità nel tempo ai conti del sistema previdenziale. Ma nel corso del convegno è stato possibile anche avere qualche cenno sulla situazione internazionale e sulle politiche adottate in Europa nei confronti del problema. Dalla ricerca presentata da Camilla Galli da Bino, rappresentante di Eurofound, è emerso con chiarezza che in Europa esiste una situazione molto differenziata , nella quale convivono paesi che hanno adottato politiche per trattenere la popolazione anziana nel posto di lavoro, con altri che hanno invece puntato ad operare sulla flessibilità nel pensionamento. Premesso che la popolazione europea, già oggi pari a mezzo miliardo di individui, aumenterà del 5% entro il 2040, che le persone in pensione e in situazione di dipendenza sono destinate ad aumentare e che in Europa l’aspettativa di vita all’età di 65 anni è di 21 anni per le donne e di 17,4 per gli uomini, con situazioni migliori in Francia, Spagna ed Italia e peggiori in Bulgaria, Romania e Slovacchia, la ricerca ha messo in evidenza che la crisi ha cambiato le carte in tavola e l’obiettivo della sostenibilità d sistemi previdenziali ha dovuto fare i conti con le contrastanti politiche di prepensionamento, da sempre considerate uno strumento tipico utilizzato dalle aziende per affrontare i periodi di recessione.
In tal caso, le risposte dei vari paesi europei sono state diverse: alcuni paesi (Svezia, Regno Unito) hanno adottato approcci più “globali” per sostenere i lavoratori più anziani, attivando incentivi fiscali per trattenerli in attività o incentivi per assumere lavoratori in età avanzata. Nel Regno Unito, come in Italia, invece, si è fatto ricorso all’innalzamento dell’età pensionabile ed alla riforma dei requisiti per l’accesso alle indennità di invalidità. In altri Paesi, come Ungheria e Repubblica Ceca, sono state adottate politiche più mirate all’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, mentre le politiche a favore degli anziani sono ancora in una fase di sviluppo iniziale. Altri Paesi ancora (Spagna e Austria ) hanno cominciato ad adottare politiche di pensionamento parziale o flessibile. Nello stabilimento Ford di Valencia, per esempio, la maggioranza di operai di 61 anni e più partecipano a un regime di pensionamento parziale finanziato dal governo che permette loro di ridurre l'orario lavorativo fino all’85% , a condizione che l’azienda si impegni ad assumere un lavoratore più giovane per ogni dipendente in pensione parziale. In Austria, l’azienda Borealis Agrolinz Melamine GmbH ha iniziato a utilizzare il pensionamento parziale, soprattutto durante la ristrutturazione a seguito della crisi economica del 2008, in parallelo alle riforme al regime pensionistico da parte del governo austriaco. In Italia la riforma Fornero ha adottato un approccio “globale”, che contempla l’aumento dell’età pensionabile, ed ha agito cambiando anche alcune norme sui prepensionamenti che hanno avuto un impatto sugli accordi già raggiunti. Al convegno del Cnel ne ha parlato l’avvocato Domenico Noviello, il quale ha riferito il punto di vista di un grande gruppo come l’Eni ed ha messo in luce le 3 criticità determinate della “Riforma Fornero”.
La prima riguarda i cosiddetti “esodati”, cioè i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro accedendo ad accordi di mobilità e prepensionamento vanificati dalla riforma e che rischiano di restare senza pensione e senza lavoro. L’Eni, in tal caso, è intervenuta con un clausola di salvaguardia che evita il rientro in azienda, ma scarica inevitabilmente maggiori costi alla stessa.
La seconda criticità segnalata da Noviello è il rischio di una riduzione significativa di posti di lavoro per i giovani. Infine, la terza, è l’allungamento della permanenza in azienda di lavoratori anziani.A chiusura del convegno, la ricerca del prof. Francesco Marcaletti, del Centro Ricerche WWELL ha posto in evidenza gli effetti della riforma Fornero sulle prospettive di vita.
Cnel – 9 maggio 2012
LINK
Una simulazione degli effetti della riforma previdenziale
Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita (Francesco Marcaletti)
Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita
La riforma pensionistica: gli effetti sulla gestione del personale
Come conciliare l’allungamento dell’ età lavorativa con i prepensionamenti in tempo di crisi.
La “Riforma Fornero” delle pensioni, con l’allungamento dell’età pensionabile, avvicina il tasso di attività degli italiani tra i 20 ed i 64 anni alle medie europee, alzandolo dal 66% del 2011 al 69% del 2012. Tuttavia la situazione italiana resta ancora distante dalle medie attuali europee e soprattutto dagli obiettivi di Europa 2020 (il 75%).
L’analisi è stata realizzata dal prof. Carlo Dell’Aringa, che ha presentato una Ricerca sulla “ Simulazione degli effetti della riforma previdenziale” al convegno “Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita”, svoltosi al Parlamentino del Cnel, il 9 maggio 2012.
I lavori, coordinati dal Presidente della Commissione della competente commissione del Cnel, Edoardo Patriarca, si sono articolati secondo un piano che ha previsto, oltre alla presenza del Presidente del CNEL, on. Antonio Marzano, gli interventi di relatori partecipanti al dibattito che, dopo aver fornito un quadro generale degli aspetti più squisitamente quantitativi del problema, hanno messo a confronto le principali esperienze europee in materia di active ageing (invecchiamento attivo), esaminando da un punto di vista di carattere sociologico il cambiamento di vita e di prospettiva di coloro che saranno costretti a lavorare 4-5 anni più del previsto.
La ricerca del prof. Dell’Aringa, benché la simulazione complessiva della riforma Fornero evidenzi ancora la distanza italiana dalla media europea, ha comunque dimostrato gli effetti di potente avvicinamento effettuato sia per l’universo femminile che per il numero di attivi totale. Dai dati presentati nella ricerca risulta, infatti, che il tasso di attività delle donne, che nel 2011 è stato pari al 19,8% della popolazione di donne attive e che nel 2020 sarebbe aumentato tendenzialmente al 26,1%, con la riforma Fornero salirà al 35,9%. Analogo trend riguarda l’offerta di lavoro totale dei lavoratori anziani che, secondo le simulazioni, pari al 28,6% nel 2011, nel 2020 sarebbe aumentato tendenzialmente al 35%, ma con la riforma Fornero arriverà al 46,1%.
Il dato di fondo, dunque, è l’aumento del numero di lavoratori anziani che proseguiranno l’attività lavorativa per dare sostenibilità nel tempo ai conti del sistema previdenziale. Ma nel corso del convegno è stato possibile anche avere qualche cenno sulla situazione internazionale e sulle politiche adottate in Europa nei confronti del problema. Dalla ricerca presentata da Camilla Galli da Bino, rappresentante di Eurofound, è emerso con chiarezza che in Europa esiste una situazione molto differenziata , nella quale convivono paesi che hanno adottato politiche per trattenere la popolazione anziana nel posto di lavoro, con altri che hanno invece puntato ad operare sulla flessibilità nel pensionamento. Premesso che la popolazione europea, già oggi pari a mezzo miliardo di individui, aumenterà del 5% entro il 2040, che le persone in pensione e in situazione di dipendenza sono destinate ad aumentare e che in Europa l’aspettativa di vita all’età di 65 anni è di 21 anni per le donne e di 17,4 per gli uomini, con situazioni migliori in Francia, Spagna ed Italia e peggiori in Bulgaria, Romania e Slovacchia, la ricerca ha messo in evidenza che la crisi ha cambiato le carte in tavola e l’obiettivo della sostenibilità d sistemi previdenziali ha dovuto fare i conti con le contrastanti politiche di prepensionamento, da sempre considerate uno strumento tipico utilizzato dalle aziende per affrontare i periodi di recessione.
In tal caso, le risposte dei vari paesi europei sono state diverse: alcuni paesi (Svezia, Regno Unito) hanno adottato approcci più “globali” per sostenere i lavoratori più anziani, attivando incentivi fiscali per trattenerli in attività o incentivi per assumere lavoratori in età avanzata. Nel Regno Unito, come in Italia, invece, si è fatto ricorso all’innalzamento dell’età pensionabile ed alla riforma dei requisiti per l’accesso alle indennità di invalidità. In altri Paesi, come Ungheria e Repubblica Ceca, sono state adottate politiche più mirate all’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, mentre le politiche a favore degli anziani sono ancora in una fase di sviluppo iniziale. Altri Paesi ancora (Spagna e Austria ) hanno cominciato ad adottare politiche di pensionamento parziale o flessibile. Nello stabilimento Ford di Valencia, per esempio, la maggioranza di operai di 61 anni e più partecipano a un regime di pensionamento parziale finanziato dal governo che permette loro di ridurre l'orario lavorativo fino all’85% , a condizione che l’azienda si impegni ad assumere un lavoratore più giovane per ogni dipendente in pensione parziale. In Austria, l’azienda Borealis Agrolinz Melamine GmbH ha iniziato a utilizzare il pensionamento parziale, soprattutto durante la ristrutturazione a seguito della crisi economica del 2008, in parallelo alle riforme al regime pensionistico da parte del governo austriaco. In Italia la riforma Fornero ha adottato un approccio “globale”, che contempla l’aumento dell’età pensionabile, ed ha agito cambiando anche alcune norme sui prepensionamenti che hanno avuto un impatto sugli accordi già raggiunti. Al convegno del Cnel ne ha parlato l’avvocato Domenico Noviello, il quale ha riferito il punto di vista di un grande gruppo come l’Eni ed ha messo in luce le 3 criticità determinate della “Riforma Fornero”.
La prima riguarda i cosiddetti “esodati”, cioè i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro accedendo ad accordi di mobilità e prepensionamento vanificati dalla riforma e che rischiano di restare senza pensione e senza lavoro. L’Eni, in tal caso, è intervenuta con un clausola di salvaguardia che evita il rientro in azienda, ma scarica inevitabilmente maggiori costi alla stessa.
La seconda criticità segnalata da Noviello è il rischio di una riduzione significativa di posti di lavoro per i giovani. Infine, la terza, è l’allungamento della permanenza in azienda di lavoratori anziani.A chiusura del convegno, la ricerca del prof. Francesco Marcaletti, del Centro Ricerche WWELL ha posto in evidenza gli effetti della riforma Fornero sulle prospettive di vita.
Cnel – 9 maggio 2012
LINK
Una simulazione degli effetti della riforma previdenziale
Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita (Francesco Marcaletti)
Gli effetti della riforma previdenziale sulle prospettive di lavoro e di vita
La riforma pensionistica: gli effetti sulla gestione del personale
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